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domenica 6 maggio 2012

DIAZ - Don't Clean Up This Blood – Dittatura Democratica

USCITA CINEMA: 13/04/2012
GENERE: Drammatico
REGIA: Daniele Vicari
SCENEGGIATURA: Daniele Vicari, Laura Paolucci
ATTORI: Elio Germano, Claudio Santamaria, Rolando Ravello, Aylin Prandi, Alessandro Roja, Monica Birladeanu, Jennifer Ulrich, Renato Scarpa, Davide Iacopini, Paolo Calabresi, Fabrizio Rongione, Ignazio Oliva, Ralph Amoussou, Mattia Sbragia, Francesco Acquaroli, Antonio Gerardi, Eva Cambiale, Emilie De Preissac, Camilla Semino, Michaela Bara.

FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi
MONTAGGIO: Benni Atria
MUSICHE: Teho Teardo
PRODUZIONE: Fandango, Le Pacte, Mandragora Movies
DISTRIBUZIONE: Fandango
PAESE: Francia, Italia, Romania 2012
DURATA: 127 Min
FORMATO: Colore 

Sito Ufficiale



Trama: 

Luca è un giornalista della Gazzetta di Bologna. È il 20 luglio 2001, l'attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo. Alma è un'anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco, un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick è un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George. Anselmo è un vecchio militante della CGIL e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire. Max, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l'ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.




Commento:

Un anno importante per il cinema popolare italiano, una stagione cinematografica iniziata nel segno delle forze dell’ordine con il più commerciale ma non per questo meno solido “ACAB” di Stefano Sollima, seguito due mesi dopo dal ricordo della tragico massacro di Piazza Fontana in “Romanzo di una Strage” diretto da Marco Tullio Giordana e terminata ora da “Diaz” di Daniele Vicari. I tre film in comune hanno molto, la “Violenza”, scenica e esaltata per il lavoro di Sollima, fredda e spietata nel racconto di Giordana e di sconcertante brutalità nella folle notte di Genova del 2001.


I membri delle forze dell’ordine hanno nelle tre diverse pellicole diversi punti in comune: scorretti, violenti, spietati, ambigui, frustati, determinati a farsi giustizia da soli. C’è sconforto alle fine delle tre visioni per il pubblico. Un avvilimento morale nei confronti di una casta che dovrebbe tutelare in nostri diritti i cui membri invece sembrano molto più inclini al disordine che all’ordine.  Ne esce un quadro deprimente per il nostro paese, per la nostra giustizia. Concettualmente sembra quasi che l’industria cinematografica italiana abbia preparato una pillola dello sconforto e provato in modo indolore a farla ingoiare allo spettatore. 


Un percorso sgradevole che partendo da "ACAB"  ci mostra una società giunta allo sbando, le difficoltà dei rapporti umani, gli sconcertanti avvenimenti di cui si rende protagonista la nostra giovane "repubblica". I rappresentati dell’ordine sono violenti è vero ma vittime di una frustrazione comune, crudele e lacerante come quella che affligge qualsiasi individuo. Svolgono un compito indegno e sgradevole spesso ben oltre le loro limitate possibilità. La loro vita è una guerriglia che oggettivamente può portare solo alla aggressività, alla prepotenza. L’imperativo diventa non soccombere e in questo modo si arriva al caos. Questa non è una giustificazione verso gli atti, ma il tentativo di comprendere l’uomo oltre la divisa.

Dal film ACAB di Stefano Sollima

In “Romanzo di una Stage” il clima si fa più cupo. Un salto indietro nel tempo lungo circa 40 anni là dove sorgono tutte le perplessità sulla reale imparzialità della giustizia Italiana. L’inizio del dubbio che ci accompagna e il sospetto ci perseguita. La violenza si fa rarefatta non tanto nei gesti spietati ma nell’impossibilità di avere una autorità giudiziaria leale, di conoscere la verità. Il potere politico e governativo è presente, è coinvolto in modo diretto, la nostra tolleranza viene messa a dura prova. Permane un senso di indecenza alla fine della visione. La pressione sale è arriva Diaz, “La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale”, una violenza barbara senza precedenti nella nostra penisola. Un atto ignobile, culmine di giorni infuocati di una guerriglia civile iniziata male, continuata peggio e terminata nel più inutile dei modi. Un atto di dittatura d’altri tempi. Un massacro sconcertante.

Dal film Romanzo di una Strage di Marco Tullio Giordana

Come i precedenti Diaz è un opera necessaria. Un lavoro di valore internazionale primariamente per l’importanza degli argomenti trattati e in seconda battuta per l’imponente cast che comprende più di 100 attori di diverse nazionalità. Un progetto globalizzato impressionante che lacera in modo permanente nello spirito. Non  lasciatevi andare a facili considerazioni, vivere cinematograficamente questa drammatica esperienza nei panni dei protagonisti in prima linea è totalmente differente dal ricordo di ciò che è trapelato nei telegiornali di allora, di un sentito dire o di un freddo articolo di giornale, non centra essere informati o meno. Diaz è una visione tanto morbosamente violenta quanto doverosa. Due ore di atti barbarici, un interminabile arresto dei diritti civili e umani. Il regista vi chiede un atto di coraggio, è una pellicola che non può non turbare, non può non insospettire. 


La temerarietà di ognuno di voi sarà ripagata con la stessa moneta dalla produzione. Scelta ardimentosa quella di produrre a soli 10 anni di distanza e con i processi ancora in atto, un lavoro meticoloso su di un argomento spigolosissimo e indubbiamente impegnativo. Uno sforzo produttivo faticoso e importante svolto da Domenico Procacci lasciato colpevolmente solo per questo progetto, dai sui storici partner come Medusa e Rai Cinema. Un film corale, che non poggia le sue dinamiche su dei veri protagonisti, su storie personali. 


Si concentra sui fatti realmente accaduti, cercando di attuare una ricostruzione fedele e emotivamente intensa delle ore drammatiche che precedono, percorrono e terminano in ingiuriose torture per i detenuti.  Furono arrestate 98 persone, 87 ferite. 27 le condanne a discapito dei poliziotti per lesioni, falso in atto pubblico e calunnia e questo è solo l’inizio di una interminabile sequenza di condanne. Purtroppo in pochi sanno che ad oggi nessuno dei responsabili è stato realmente punito per i suoi folli gesti. Il lavoro di Vicari è stato da più parti accusato di non saper prendere una reale posizione. La pellicola è stata colpevolmente imputata di scarsa volontà di elencare le responsabilità politiche, di non fare nomi e cognomi dei mandanti. 


Tali accuse, se pur reali, non tengono conto dei processi che sono ancora in atto, di fatto nessuno è stato ancora condannato. Una scelta legittima per evitare denunce e anche un possibile boicottaggio della pellicola che pur con una sontuosa campagna mediatica sta soffrendo clamorosamente al botteghino. Diaz è un esperienza umana prima che cinematografica, il ricordo di un momento storico orribile, uno dei maggiori buchi neri della nostra storia moderna non solo nazionale. Credo nell'utilità di questo lavoro, nell'aiutare il pubblico a porsi delle vere domande sulla propria libertà, sui perché non solo di questa orribile vicenda ma della totale indifferenza con la quale viviamo le nostre esistenze.


Il film non cerca risposte anzi vuole creare ulteriori interrogativi. Lavoro impressionante, sviluppato tecnicamente in modo quasi imbeccabile, difficilmente realizzabile dalla sola nostra industria cinematografica e co-prodotto tra Italia, Francia e Romania. Interpretazioni ineccepibili dei partecipanti dove spicca la bravissima attrice tedesca Jennifer Ulrich (L’Onda) su tutti. Perfetta la colonna sonora. Diaz è il vero Horror Contemporaneo. Non abbiate paura di aprire i vostri occhi. Non pulite quel sangue.


Pro. 
Produzione Europea Mastodontica.
Ricostruzione fedelissima.
Film necessario.

 

Contro. 
Demolisce lo spirito.
Ansia.
La presunzione di essere superiori e incolpevoli alla vicenda.



 



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